Le musiche del ritorno portano alla heimat, alla terra di casa, alla radice, che spinge la geografia ancora più a fondo.
«Lo spettacolo» - racconta Sara Franceschini ‐ «nasce da un viaggio solitario compiuto per il desiderio di salire su una nave, per il verso di una canzone di Caetano Veloso, “Os Argonautas”, che come un mantra risuonava nella mia mente, “navegar è preciso”, navigare è necessario, per l’incontro con Veloso stesso grazie a una ragazza sconosciuta. Infine» - conclude l’autrice - «per un libro di Andrea Marcolongo, “La misura eroica”, profetico compagno scelto per quel viaggio».
L’interprete romana racconta luoghi, assenze e desideri d’altrove incontrati durante il suo viaggio, accompagnata da quelle canzoni che riempiono il vuoto nel petto.
Per tornare bisogna stare distanti da qualcosa, sentirne la mancanza, la nostalgia, che è il dolore del ritorno: «Le musiche del ritorno cambiano la geografia o la immaginano addirittura, confortano dalla nostalgia di un abbraccio e consolano dall’assenza che ne deriva».
La struttura drammaturgica dello spettacolo crea un connubio emotivo con brani recuperati, attraverso una ricerca tematica e filologica, dalla canzone romana e napoletana, dalla musica popolare brasiliana e dalla canzone d’autore italiana.
«Persino Ulisse» - racconta l’interprete - «che fra gli eroi è il più vicino agli uomini, all’esplorazione dell’ignoto, al folle volo per cui Dante lo sbatte all’Inferno, ha preferito l’apoteosi del noto, il ritorno». “Musiche del ritorno” è uno spettacolo cantato solo in prima persona, con gli occhi di chi è partito e cerca le proprie mancanze.